La Giustizia

La Giustizia è uguale per tutti

 

I titolari del Potere Giudiziario non dovrebbero essere i magistrati

Il potere giudiziario non deve essere affidato a un senato permanente, ma deve essere esercitato da persone tratte dal grosso del popolo, in dati tempi dell’anno, nella maniera prescritta dalla legge, per formare un tribunale che duri soltanto quanto richiede la necessità.
In tal modo il potere giudiziario, così terribile fra gli uomini, non essendo legato ad un certo stato né ad una certa professione, diventa, per così dire, invisibile e nullo. Non si hanno continuamente giudici davanti agli occhi, e si teme la magistratura e non i magistrati.
Charles-Louis de Secondat de Montesquieu, Lo spirito delle Leggi, Libro XI, cap. VI.

 

al Potere Giudiziario non spetta indagare, ma solo giudicare

Il primo carattere del potere giudiziario, presso tutti i popoli, e’ di servire da arbitro….
Il secondo carattere del potere giudiziario e’ di pronunciarsi su casi particolari e non su principi generali… (il giudice non ha funzione legislativa, ndr)
Il terzo carattere del potere giudiziario e’ di poter agire solo quando lo si chiama… Il potere giudiziario e’ per sua natura senza azione, bisogna metterlo in movimento perche’ esso si muova. Gli si denuncia un delitto, ed esso punisce il colpevole; lo si chiama a riparare un’ingiustizia, ed esso la ripara; gli si sottomette un atto, ed esso l’interpreta; ma non va da solo a ricercare i criminali, a trovare l’ingiustizia, a esaminare i fatti.
Il potere giudiziario farebbe in qualche modo violenza alla sua natura se prendesse da solo l’iniziativa e si atteggiasse a censore delle leggi.
Alexis de Tocqueville, La democrazia in America,VI, 1

 

Libertà e leggi penali

La libertà filosofica consiste nell’esercizio della propria volontà, o almeno (se si deve parlare per tutti i sistemi) nell’opinione che si ha di esercitare la propria volontà [allusione alle teorie deterministico-materialiste che andavano diffondendosi, ndr]. La libertà politica consiste nella sicurezza, o almeno nell’opinione che si ha della propria sicurezza. Questa sicurezza non è mai tanto minacciata come nelle accuse pubbliche o private. Dunque dalla bontà delle leggi penali dipende principalmente la libertà del cittadino.
Charles-Louis de Secondat de Montesquieu, Lo spirito delle Leggi, Libro XII, cap. I.

 

 

Il giudice non deve interpretare la Legge, ma applicarla

La prima conseguenza di questi principii è che le sole leggi possono decretar le pene su i delitti, e quest’autorità non può risedere che presso il legislatore, che rappresenta tutta la società unita per un contratto sociale; nessun magistrato (che è parte di società) può con giustizia infligger pene contro ad un altro membro della società medesima. Ma una pena accresciuta al di là dal limite fissato dalle leggi è la pena giusta piú un’altra pena; dunque non può un magistrato, sotto qualunque pretesto di zelo o di ben pubblico, accrescere la pena stabilita ad un delinquente cittadino.  
 Nemmeno l’autorità d’interpetrare le leggi penali può risedere presso i giudici criminali per la stessa ragione che non sono legislatori. …
Non v’è cosa piú pericolosa di quell’assioma comune che bisogna consultare lo spirito della legge. Questo è un argine rotto al torrente delle opinioni. …
Quindi veggiamo gli stessi delitti dallo stesso tribunale puniti diversamente in diversi tempi, per aver consultato non la costante e fissa voce della legge, ma l’errante instabilità delle interpetrazioni. Un disordine che nasce dalla rigorosa osservanza della lettera di una legge penale non è da mettersi in confronto coi disordini che nascono dalla interpetrazione. Un tal momentaneo inconveniente spinge a fare la facile e necessaria correzione alle parole della legge, che sono la cagione dell’incertezza, ma impedisce la fatale licenza di ragionare, da cui nascono le arbitrarie e venali controversie. Quando un codice fisso di leggi, che si debbono osservare alla lettera, non lascia al giudice altra incombenza che di esaminare le azioni de’ cittadini, e giudicarle conformi o difformi alla legge scritta, quando la norma del giusto e dell’ingiusto, che deve dirigere le azioni sí del cittadino ignorante come del cittadino filosofo, non è un affare di controversia, ma di fatto, allora i sudditi non sono soggetti alle piccole tirannie di molti, tanto piú crudeli quanto è minore la distanza fra chi soffre e chi fa soffrire, piú fatali che quelle di un solo, perché il dispotismo di molti non è correggibile che dal dispotismo di un solo e la crudeltà di un dispotico è proporzionata non alla forza, ma agli ostacoli….
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, §III, §IV.

 

Il giudice deve piacere all’accusato

Bisogna inoltre che, nelle accuse gravi, il colpevole, d’accordo con le leggi, si scelga i giudici; o per lo meno che possa rifiutarne un numero tale che quelli che rimangono siano reputati essere di sua scelta….
[Nell’antica Roma], cosa molto favorevole alla libertà, il pretore nominava i giudici con il consenso delle parti. Il gran numero di ricusazioni che si possono fare oggi in Inghilterra equivalgono press’a poco a questa usanza.
“I nostri antenati non hanno voluto” dice Cicerone, Pro Cluentio, “che un uomo a proposito del quale le parti non si fossero accordate, potesse essere giudice, non soltanto della reputazione di un cittadino, ma nemmeno della minima questione pecuniaria.”
Charles-Louis de Secondat de Montesquieu, Lo spirito delle Leggi, Lib. XI, capp. VI e XVIII.

 

Sui “pentiti”

Passavamo in quel momento lungo un carcere, e attraverso le inferriate un tipo ci guardò e ci rivolse la parola. “Quell’uomo ha quaranta omicidi sulla coscienza”, disse l’ufficiale continuando a camminare. Lo guardai: “E’ sperabile che non possano essere dimostrati”. “Altrochè! Almeno per la metà la prova potrebbe essere piena.” Sentii corrermi un brivido per la schiena. “E il governo?” domandai. “Ohimè”, disse sottovoce, “di quell’uomo il governo se ne serve!” A questo punto mi parve di essere caduto nell’inferno. Cose simili le avevo spesso udite; adesso devo addirittura vederle. Amico, se fossi napoletano, sarei tentato di diventare per esasperata onestà un assassino, e incomincerei dal primo ministro. Ma cosa è mai questo governo che tratta a questo modo la vita dei cittadini? Si può pensare a un cumulo maggiore di scellerataggini e di bassezze? “E’ sperabile che adesso avrà la giusta punizione”, dissi al mio amico sconosciuto. “Oh no”, mi rispose, “adesso si trova qui per una piccola insubordinazione, e domattina sarà libero.”
L’amnistia regia ha riempito l’esercito e le province di briganti matricolati. Il re ha assunto i banditi: erano bravi, come diceva il loro nome; li ha ricompensati regalmente, ha dato loro uffici ed onori, e adesso essi esercitano i loro misfatti legalmente, come capi delle province.
Johann Gottfried  Seume, L’Italia a piedi (Passeggiata fino a Siracusa), Lettera XXX.